Bruce Springsteen VS Pokemon Go

Bruce Springsteen VS Pokemon Go

Springsteen: LO condivido volentieri. Pokemon Go: anche NO!

Sono reduce da un weekend romano la cui apoteosi sono state le 4 ore ininterrotte di concerto del Boss. Dopo il necessario defaticamento domenicale e il riordino mentale e lavorativo del lunedì, una riflessione “ad minchiam” mi è venuta spontanea, sulla base del trend dei post sui Gruppi Facebook che seguo.

Ha senso uscire in strada per condividere mostriciattoli (carini per carità…) rischiando di farsi arrotare nel traffico? O forse è meglio andare fuori a godersi una buona birra o, ancor meglio, un concerto da urlo mentre si bevono tante buone birre, per poi “mostrarne” gli highlights anche a chi non è potuto esserci?

La risposta per me è scontata. Ma per la maggioranza sicuramente no. Siamo davanti al classico esempio di come le novità tecnologiche creino curiosità di massa.

Ciò che è diverso dal solito, che stupisce e che incuriosisce fa inevitabilmente parlare di sé, crea consensi o divisioni, avvicina o unisce, fa ragionare o porta al delirio, ma una cosa è certa: genera un flusso impressionante di coinvolgimento sociale.

Personalmente non sono interessato all’aspetto ludico di questa nuova APP e non credo la scaricherò. Ma sicuramente mi incuriosiscono molto le sue implicazioni sociali.

Di certo, Pokemon Go può avere impatti importanti anche a livello commerciale e di marketing: esempio clamoroso di qualche giorno fa è la pizzeria di Long Island che ha aumentato il fatturato del 75% con soli 10 dollari di investimento in addobbi a tema. Diventando partner ufficiali e disseminando Pokemon in luoghi strategici, i risultati possono essere ancora migliori.

Ma sfruttare la demenza collettiva ha senso?

Probabilmente si. Del resto non viene obbligato nessuno a comprare una maglietta o un gelato solo perché in quell’esercizio commerciale c’è una creatura virtuale fantastica da recuperare!

Ma c’è chi dice che questo è finalmente un modo per avvicinare il virtuale al reale. Un nuovo modo per fare uscire le persone di casa… Decisamente aberrante come concetto!

La considerazione di fondo che sta alla base di questo mio modo di vedere il fenomeno è che sono ormai troppo vecchio per certe cose. Ciò che è perfetto per i millennials non lo è per me. Ed è giusto che sia così! Magari l’evoluzione sarà verso una reale socializzazione collettiva con squadre che giocano l’una contro l’altra. E le possibilità di intercettare il pubblico under 30 si amplieranno a dismisura nei prossimi mesi. Insomma, per chi ha un esercizio commerciale l’opportunità di geo-localizzarsi ulteriormente può essere e deve essere colta ora, anche perché non si sa quanto durerà questa bolla…

A livello personale, preferisco uscire di casa e condividere su Snapchat (questo si, lo uso) un frammento o due di The River, o in diretta Facebook gli 11 minuti ininterrotti di Jungle Land (in realtà non ce l’ho fatta: provate voi a tenere le mani alzata e ferme per 11 minuti!).

Un esperienza gioiosa, un godimento puro che spinge a rendere partecipi gli altri, un momento unico che si realizza qui e adesso, irripetibile perché personale, questo è per me lo spirito con il quale fondere il reale ed il virtuale.

La realtà aumentata, tutte le conseguenti implicazioni future, l’enorme potenziale tecnologico che ne deriverà sono e saranno strumenti meravigliosi per semplificarci la vita. Quindi utilissimi. Utilizzarla così, facendo breccia nell’abbrutimento mentale guidato dalla necessità di evasione a tutti i costi, non mi sdegna assolutamente. Forse mi fa un po’ paura.

La mente è complessa ma è facilmente suggestionabile. Cosa potremmo essere spinti a fare in futuro?

Se ti va seguimi anche su Snapchat e Instagram…nessun messaggio subliminale, prometto che non pubblicherò foto di Pikachu

P.S. Intanto godetevi qui il Boss

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