Con l’evoluzione dei social media cambiano anche i canali d’informazione. La conseguenza diretta è un accesso sempre più veloce alle risorse ci interessano. Tuttavia, usufruiamo spesso di contenuti settoriali che possono tradursi in disinformazione o in una diffusione di bufale.
Un’analisi svolta dall’equipe di fisici del Laboratory of Computational Social Science (CssLab) all’Istituto di studi avanzati di Lucca e della Sapienza Università di Roma, coordinati da Walter Quattrociocchi, dimostra che la polarizzazione degli utenti sembra dominare il consumo di notizie su Facebook.
Per polarizzazione si intende quel fenomeno secondo il quale ognuno di noi è portato ad informarsi concentrandosi su un numero limitato di testate giornalistiche o fonti più. L’accesso a questi canali avviene per lo più attraverso i social network, ovvero attraverso le nostre modalità principali di consumo dei contenuti.
L’informazione che si trasforma in disinformazione
L’argomento non è nuovo. Fa parte di quella fenomenologia che ci spinge ad interagire con chi ha interessi comuni e ci da conforto. In un precedente articolo avevo già affrontato il tema di come si tende a comunicare online.
Si parla sempre più di personalizzazione dei contenuti. Algoritmi semantici scandagliano e registrano le nostre interazioni e ci propongono ciò che è più attinente ai nostri usi e costumi. Noi rielaboriamo e condividiamo tali contenuti, convincendoci del loro valore assoluto e non relativo.
In questo caso, si tratta di una variante della bolla dell’ego, ottimamente trattata da Rudy Bandiera: “consumare informazioni conformi alla nostra idea del mondo è facile e piacevole mentre consumare informazioni che ci stimolano a pensare in modo diverso o a mettere in discussione quello che diamo per scontato è frustrante e difficile”.
Gli effetti sono enormi. Basti pensare alla diffusione virale di bufale che sfruttano l’interesse di gruppi omogenei di persone su un determinato argomento.
Il fenomeno psicologico, afferma Quattrociocchi, è proprio “rafforzare la propria visione del mondo”. Lo studio dei ricercatori del CssLab, analizzando la diffusione delle bufale complottiste, ne conferma la correlazione con le condivisioni e i commenti sui social di persone con comportamenti affini.
Il principio della relatività dei contenuti
Dobbiamo tendere la mano alla nostra intelligenza. Se ci rendiamo conto che la nostra visione non è per forza la verità assoluta, possiamo vincere la pigrizia mentale che ci spinge ad accettare incondizionatamente quello che ci viene proposto.
Gli algoritmi sono pensati per facilitarci la vita, ma non sostituiranno mai il nostro cervello. Quando usiamo il navigatore satellitare, sappiamo che è un aiuto fondamentale ma sappiamo anche che ha dei limiti (modalità di aggiornamento di sensi unici, limiti di velocità e cantieri): se dice di passare da Padova per andare da Bologna a Modena, quantomeno ci viene un dubbio!
La stessa cosa deve avvenire con i contenuti. Cerchiamo di vincere la pigrizia della facile fruizione e confrontiamoci anche con il resto del mondo, anche se ha idee diverse dalle nostre.
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