Lo scarico delle responsabilità in Azienda è all’ordine del giorno
Partiamo con una carrellata indicativa ma non esaustiva.
1. Dal vertice della piramide, gli amministratori delegati. Non di rado sono personaggi ormai già più che pensionati, ma attaccatissimi alla loro poltrona per due motivi: soldi e necessità di sentirsi ancora importanti. Sono quelli che si vedono per i corridoi, che girano il collo da un ufficio all’altro. Seguono una virtuale partita di tennis! Sono in pratica dei bidelli o delle guardie giurate a controllo dell’ordine. Gli stessi personaggi che, al di fuori dell’ufficio, vedremmo davanti ai cantieri…
2. Mi è capitato poi di avere a che fare con il dirigente datato, sempre apparentemente impegnato in riunioni e poco propenso a condividere pensieri e informazioni. La stessa tipologia di dirigente che, nel momento in cui c’è da prendere decisioni importanti, diventa una sorta di fantasma. Io lo chiamo VIPP: vecchio in pre-pensionamento.
3. Ma i più belli di tutti sono gli pseudo capi ufficio. Coloro i quali si sentono investiti di un potere mai ufficialmente sancito, perché l’organigramma (se esiste) non lo individua univocamente come tale. Sono i “diplomatici mancati”: non scontentano mai nessuno, fanno la ruota come i pavoni per farsi belli agli occhi dei superiori, quando c’è un rischio mandano direttamente in prima linea le pedine sacrificali.
E potrei continuare.
Ma il problema non sono neanche le figure qui elencate bensì la Proprietà. Spesso avviene che l’Azionista, per ignoranza e clientelismo diffuso, mantiene i parassiti a vegetare e ad ingrassare, noncurante degli effetti fino a quando è ormai troppo tardi. E qui comincia il taglio delle risorse, a partire paradossalmente dalla forza lavoro meno costosa ma più produttiva.
Probabilmente, alcuni si riconosceranno in quanto detto, e il loro orgoglio li farà indignare. Ma sanno che riporto semplicemente i fatti. E posso affermarlo con cognizione di causa, avendo lavorato nel settore dell’industria come dipendente per più di dieci anni e adesso da consulente.
E’ chiaro che si tratta di una visione caricaturale, volutamente sarcastica, e di fatto fantozziana. Di esempi virtuosi, in realtà, nel tessuto industriale italiano ce ne sono. Altrimenti saremmo in default già da tempo.
Ma la sostanza non cambia. La mancanza di programmazione, di pianificazione precisa e di obiettivi condivisi crea disorientamento nei dipendenti che spesso si trovano a dover prendere decisioni che non rientrano nelle loro funzioni solo per necessità di portare avanti il proprio lavoro. Questo può essere uno stimolo al miglioramento nel breve periodo, ma nel lungo termine e soprattutto in mancanza dei giusti riconoscimenti porta solo a malumore, ad assuefazione ai meccanismi generati dalla classe dirigente.
Il risultato è un’erosione delle fondamenta aziendali. Nel migliore dei casi è un lento declino, nella maggioranza delle situazioni un fallimento accelerato dalla crisi strutturale degli ultimi 5 anni.
Grazie al nuovo modo di comunicare le cose cambieranno?
Tutto ciò sta però subendo un brusco cambiamento grazie all’utilizzo dei social media. Personaggi pubblici (e non) si trovano in vetrina anche a loro insaputa…e il vetro non c’è! Perché la loro reputazione viaggia ad una velocità superiore al loro pensiero.
Chiunque può interagire ed esprimere il proprio parere, perché il filtro del web dona coraggio, ma soprattutto è una fonte inesauribile di informazioni (se ben utilizzata, secondo il principio del buon senso rispetto alla marea di input falsi e tendenziosi che vi si trovano). La presa di coscienza si organizza in movimenti e gruppi che in breve tempo si strutturano.
Si crea un’onda d’urto che deve far tremare chi è avvinghiato ancora ai meccanismi che esaltano la forma piuttosto che la sostanza.
E’ evidente che tutto ciò ha anche dei rischi. E’ piuttosto facile passare da analisi ed idee di utilità e benessere comune a fanatismi o idiozie che sfruttino a loro volta le menti più deboli. Ed è per questo che figure come influencers, blogger e social media manager hanno il dovere professionale e morale di contribuire a mettere ordine nei contenuti e nelle modalità di condivisione degli stessi sul web.
Chi condivide…condivida. Solo tirando fuori gli attributi si cambiano le cose.
Non siete d’accordo? Ben venga, la discussione è aperta…
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