Chi lavora sul web sa che non si tratta di una mera questione di opportunità. Dietro c’è una motivazione più o meno esplicita: rendersi riconoscibili, apprezzati, un punto di riferimento per tanti. Il nostro narcisismo mediatico è uno dei fattori che ci spinge ad essere social.
La comunicazione è una corsa sempre più veloce, perché le soglie di attenzione sono sempre più basse. Vogliamo farci notare ma soprattutto vogliamo distinguerci. Abbiamo a disposizione tanti strumenti eppure, nel bombardamento informativo, tutto sembra così facile ma anche così complicato. Chi lavora sul web, sfruttando a vario titolo i social network, e vi dice il contrario è evidente che mente.
Siamo nell’epoca del “marketing dei valori”
Non lo dico io, lo dice Kotler. E fino ad ora non si è mai sbagliato. Sintetizzando, negli ultimi 60 anni abbiamo attraversato 3 fasi:
- Marketing 1.0: basato sui prodotti e sui servizi. L’azienda, grazie alla forte spinta al consumo dal dopoguerra in poi, è al centro del sistema. La comunicazione unidirezionale data da radio e TV alimenta questo processo.
- Marketing 2.0: ha caratterizzato fortemente gli ultimi 10 anni, ovvero a partire dalla diffusione dei social media. E’ basato sulla conversazione tra le persone e tra persone e aziende.
- Marketing 3.0: ci siamo entrati appieno adesso. E’ il marketing dei valori. Lo stesso concetto di consumo è cambiato, assumendo un’accezione più ampia. Assorbiamo e ci nutriamo di informazioni che incontrano le nostre dinamiche psicologiche. Consumiamo in un certo modo perché ci troviamo all’interno di una comunità che contribuiamo noi stessi a creare, interagendo costantemente con un certo tipo di persone. Con queste condividiamo valori ben precisi: ideali, odio, compassione. Abbiamo emozioni affini, che creano appartenenza.
Tono di voce, non solo contenuti
Se ci facciamo caso, anche sui social network siamo molto più sensibili al tono di voce con il quale viene detto qualcosa, piuttosto che al contenuto. Ci indigniamo, ci esaltiamo o ci divertiamo spesso senza cogliere appieno la notizia, che potrebbe in realtà avere un significato sensibilmente differente. Ma la connotazione la diamo noi, attraverso il tono che avvertiamo.
Chi lavora sul web (e mi ci metto io stesso, anzi tra i primi) lo sa, e non ne è immune. Chi lavora sul web è infatti a sua volta un consumatore.
Abbiamo bisogno di supporto e conferme. Ricerchiamo il consenso ed accettiamo a cuor leggero le critiche di chi ci è affine, perché queste persone sono per noi una risorsa. Ci rassicurano e ci spingono ad agire.
Sigmund Freud considerava l’EGO “come un’istanza psichica, vale a dire una struttura organizzatrice che ha il compito di mediare pulsioni ed esigenze sociali… gestisce i meccanismi di difesa, dei processi psichici deputati alla protezione dell’Io rispetto ad esperienze pulsionali troppo intense o ad altre esperienze minacciose. Alcuni esempi di meccanismi di difesa sono: rimozione, sublimazione, formazione reattiva, scissione, proiezione” (wikipedia).
Tutto ciò che facciamo, condividendo il nostro pensiero e ricondividendo il pensiero di chi consideriamo autorevole non è ad uso esclusivo di chi ci ascolta. Il tornaconto principale è nostro. In tale modo rafforziamo il nostro senso di appartenenza e ci aspettiamo di essere ricambiati.
Detta così, potrebbe sembrare un concetto meramente egoistico. Ma non lo è. Come detto sopra, nel sistema di marketing dei valori interagiamo con chi condivide effettivamente la nostra filosofia di pensiero. La cooperazione diventa fondamentale per far emergere la propria voce. Lo stesso concetto di influencer, tanto di moda, passa attraverso queste dinamiche mentali.
Le cerchie più o meno velocemente si allargano e così alimentiamo le nostre comunità, le nostre nicchie di mercato.
In definitiva, ciò che ci rende sociali, sia come utilizzatori sia come lavoratori del web, è un desiderio narcisistico ma non egoistico di emergere rispetto agli altri. Sembrerebbe un paradosso ma non è così, se ci pensate bene. Il prenderne coscienza ci aiuterebbe ad essere più obiettivi in parecchie occasioni e più lungimiranti nelle nostre azioni.
Ci avete mai pensato?
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