Buondì Motta e Taffo sono solo due esempi recenti di strategie di instant marketing e satira aziendale. Ciò ha portato e porterà sempre di più a critiche e discussioni sul confine tra eccesso comunicativo e sproporzionati moralismi.
Andiamo con ordine.
Taffo Funeral Services
Su Facebook è apparso, qualche giorno fa, un post dell’agenzia di Onoranze funebri Taffo Funeral Services che ha creato un certo clamore e aspre discussioni sul merito, sul gusto e sulle giuste strategie di marketing che un’azienda dovrebbe seguire per far conoscere il proprio brand e, in definitiva, vendere.
Il casus belli è stato riprendere l’infelice affermazione del giovane “mediatore culturale” Abid Jee riguardo la tragedia degli stupri di Rimini, e farne un post provocatorio sulla propria pagina aziendale.
Le reazioni non si sono fatte attendere e si sono create due fazioni distinte: da un lato indignazione e condanna per avere sfruttato un fatto di cronaca del genere, attaccando addirittura una persona sul piano personale, per fare marketing; dall’altro i sostenitori di Taffo, che riconoscono da sempre l’immagine di rottura dell’azienda e l’ironia nera che la contraddistingue.
Personalmente, ho letto quasi tutti i commenti al riguardo. Indipendentemente dallo “sto con Taffo o meno”, considero il lato marketing ma anche umano di questo tipo di comunicazione. Pertanto, strumentalizzazione o no (ma, ripeto, si tratta di una comunicazione aziendale che è sempre stata di un certo tipo), il ragazzo non poteva non aspettarsi critiche o satira in tutta risposta.
L’uscita di Taffo puó non piacere ma non mi sembra così scandalosa. Il presunto scandalo è pretestuoso come e più dell’intento di marketing. Forse, non potrebbe essere che molte critiche nascano dalla strategia mal celata di ergersi a paladini della giustizia in cambio di risonanza visiva? Non lo so, ma anche questo è il bello ed il brutto dei social.
Lo spot Buondì
Il secondo caso riguarda il paradossale ed irriverente spot Buondì. Si tratta di un vero e proprio esempio dell’uso letterale del linguaggio, in cui una mamma viene colpita da un asteroide dopo aver manifestato il proprio scetticismo alla richiesta della figlia e, di fatto, “cercandosi” la ovvia conclusione (PS. a onor di cronaca, e per par condicio, c’è già il seguito di questo spot in cui a venir colpito dall’asteroide è il papà).
Anche qui le critiche non si sono fatte attendere, tutte basate sulla “mancanza di valori e sull’essere diseducativi” che ne dovrebbe emergere.
Citando Paolo Borzacchiello e “…lasciando perdere l’ovvietà secondo cui ci sarebbe ben altro per cui stracciarsi le vesti, voglio considerare che la comprensione dell’ironia è un processo che coinvolge da vicino la neocorteccia, parte di cervello la cui sola presenza fisica nel cranio pare non basti: serve anche che sia accesa”.
La comunicazione è sempre strategica
Le aziende sui social e sui media tradizionali (che sono sempre più connessi ai social) dialogano con le persone e ne sono influenzate. Possono decidere, come policy, se affrontare o essere avulse da argomenti politici o di attualità, e quindi come affrontarli consce del fatto che ciò genera confronto. Fa parte della user experience.
Le aziende devono emergere dalla massa e dal piattume comunicativo, costruendosi l’immagine che vogliono far trasparire o rimanendo coerenti con l’immagine voluta.
Fa parte del rischio d’impresa ormai. Ma credo che dei rischi vadano comunque presi, con la possibilità di fare anche un epic-fail. La differenza la fa quasi sempre il tono. La discussione che di volta in volta ne può emergere, se ben canalizzata e con risposte ragionate, deve essere sempre costruttiva.