Quante volte ti sei imbattuto in troll e haters? Forse tu stesso fai parte di queste due categorie che vanno tanto di moda soprattutto (tanto per rimanere nell’attualità) coi contenuti politici? La malizia è un testimone occulto che viene passato nella comunicazione verbale. Se non sei coerente, affidabile e verificabile ci sarà sempre chi ti vedrà come fastidiosamente presuntuoso o artificiosamente umile.
Quante volte ti è capitato di incontrare:
- Chi non è realmente pronto ad investire nel cambiamento.
- Chi crede si debba avere tutto subito senza metterci la faccia, altrimenti preferisce rinunciare.
- Chi si rifugia nella scusa “è sempre colpa degli altri”.
- Chi non ha la lucidità per ragionare su cosa funziona perché convinto del suo modus operandi.
- Chi agisce con malizia e la traspone negli atteggiamenti degli altri.
Persone così non hanno un reale bisogno di cambiamento, hanno bisogno di illudersi che non esista altra realtà al di fuori di quella costruita nella propria testa o nel circolo delle conoscenze. Lo scopo (più o meno comprensibile) è il tornaconto personale ma la scelta d’azione viene alimentata da orgoglio e pigrizia. A tutto c’è un perché ma non sempre è quello di cui si è convinti.
Questo modo di comunicare risulta ancora più evidente sui social media. Il filtro dello schermo porta allo sfogo incontrollato, all’identificazione di uno psicologo occulto, e complice, all’interno della propria nicchia di conoscenze virtuali.
Jason Lanier, informatico, compositore e saggista statunitense, noto per aver reso popolare la locuzione virtual reality, ci spiega perché lo sfogo ha successo su internet: “Gli stati d’animo negativi sono più contagiosi e più duraturi. Quelli positivi impiegano più tempo ad attecchire e scemano più rapidamente…Google e Facebook funzionano in base ad un sistema di feedback rapidissimi…I post che diffondono stati d’animo negativi garantiscono un impatto maggiore, perché la reazione dell’utente è immediata e si protrae più a lungo nel tempo”.
Si tratta di un meccanismo vizioso, non virtuoso, poiché è facile sfruttarlo nel tentativo di perseguire la tanto bramata viralità. A lungo termine però questo impatta negativamente sulla tua immagine. La cosa positiva è che possiamo cambiare atteggiamento senza abbandonare il buono che c’è nella comunicazione online.
Sì all’ironia, no alla violenza verbale.
L’empatia del momento porta inevitabilmente ad esprimerci su tutto, soprattutto sui social. Però l’importante dovrebbe essere confrontarsi, evitando toni inutilmente aggressivi. Evitare di reagire a caldo può aiutare ad essere un po’ meno superficiali.
Del resto, porsi in un’ottica di critica costruttiva e non polemica è un esercizio assai arduo, che impone autodisciplina. Ma è l’unica strada percorribile per essere credibili nel tempo.
Il mantra dei social usati in modo corretto è “Non sei come sei, ma sei come ti percepiscono”. Perché non partire da una buona presentazione di sé stessi allora? Chi entra in contatto con te deve sapere chi sei, cosa fai, come lo fai e, soprattutto perché lo fai. Il rispetto che cerchi è un continuo lavoro sulla percezione di te stesso.
La fiducia dei nostri interlocutori si costruisce e si alimenta confermando l’impressione che si dà, attraverso contenuti e tono comunicativo. La fiducia è uno strumento potentissimo a servizio del passaparola: può diventare merce di scambio nei nostri network consolidati.
Quando scriviamo o commentiamo pensiamoci sempre non una, bensì dieci volte. A questo punto cito me stesso, perché un po’ di autostima ci vuole sempre: